«Le età, le stagioni, mi si confusero in cuore. La rividi laggiù, sui monti di Sicilia, fra alberi soffusi di tramonto, con le iridi cerule dilaganti tranquille davanti a un lontano mare. La nonna, con lo scialletto nero, si chinava su lei, tutta color di rosa. Oh sì, dovunque nata, e poi così migrata, essa era di quei monti, di quel mare; siciliana. La riconobbi al viso lungo, alla fronte seria; alla malinconia. Camminavamo tenendoci per mano; dimenticavo gli anni; di tutte le parentele, le vive e quelle che erano sotterra, si fece, non so come, una cosa sola; e mia figlia fu una del mio sangue, una sorella. Così, sorgendo da ogni parte brume di visione, non vedevo più la valle di Fedoz, l’Engadina; ma i monti miei, la valle su cui nacqui».
Prima tappa: la nascita
BORGESE GENIUS LOCI
«Io nacqui su una vetta di monte che s’affaccia da ogni lato a guardare: la valle, altri monti, uno specchio di mare.
Esso è molto turchino e lontano. I fianchi dei monti si fanno da parte, come cortigiani pesanti, per lasciarlo vedere».
G.A. Borgese, Tempesta nel nulla, Milano, La nave di Teseo, 2023 [I ed. Milano, Mondadori, 1931], a cura di Gandolfo Librizzi – Prefazione Salvatore Ferlita, pp. 697, 698.
Seconda tappa: la crescita
BORGESE GENIUS LOCI
«Io crebbi davanti ai grandi orizzonti; e udivo suoni remoti. I fiumi, scendendo la notte fra i boschi, avevano voci d’amore; i lumi delle case coloniche si spengevano sui clivi per lasciare accostare le stelle.
D’estate, quand’io e mio fratello venivamo da Palermo in vacanza, al passo di Forrione ci fermavamo a cavallo nel vento.
Di là ci appariva Polizzi, il nostro paese, al vertice di un’ascensione.
Un’aria sospesa, un silenzio composto di occulti ronzii, l’avvolgeva. L’aria era mista di miele e freschezza.
Le case, grigie e rosa, allineate su tutta la vetta del monte, parevano un naviglio che stesse per salpare. La nostra era l’ultima; aggrappata coi pilastri di pietra all’orlo del dirupo.
Terra rossa, di vivo colore, sotto il passo delle mule! Ultime ginestre, ancora incendiate, in cima, di sacri fiori!
Le mente, i timi, le erbe care alle capre, spandevano sul nostro cammino aromi religiosi. Le vigne della Scaletta, poco prima di giungere a casa, erano d’un verde così scuro che dava bagliori d’indaco, come un pezzo di mare».
G.A. Borgese, Tempesta nel nulla, Milano, La nave di Teseo, 2023 [I ed. Milano, Mondadori, 1931], a cura di Gandolfo Librizzi – Prefazione Salvatore Ferlita, pp. 697, 698
Terza tappa: la Biblioteca borgesiana
BORGESE GENIUS LOCI
«Che cosa importa se, materialmente, nella mia opera i personaggi e le emozioni di paesaggi siciliani, profondamente e confessatamente siciliani, non hanno parte prevalente, quando la sicilianità dell’ispirazione fondamentale è presente dappertutto e alcune visioni localizzate paiono ai più benevoli tra i miei lettori, né credo soltanto per il pregiudizio critico che colloca aprioristicamente il meglio di ogni scrittore contemporaneo nella sua ispirazione paesana, proprio il meglio di ciò che io come novelliere ho potuto dare? Mi sia permesso di ricordare, non certamente per orgoglio mio, ma per omaggio alla terra da cui ho avuto questi piccoli doni, La Siracusana, una novella di purità d’amore; L’arcobaleno, e un’altra di povera martirizzata passione, Il ragazzo; e un’altra, La centenaria in cui mi pare di avere sentito con una certa intensità qualche aspetto dell’architettura di Palermo e della vita familiare nella città dove passai l’infanzia; e più su tutti questi aspetti fugaci, la Calitri [sic] del mio primo romanzo, la città alta sui monti, che si vede dal mare di Campagna a Mare, la città che ha un aspetto quasi sacro, lì in vicinanza delle nubi, e che io ho posto, per un alibi fantastico, in Calabria ma che effettivamente è una trasfigurazione e un ingrandimento dell’aspetto che, dalla valle, ha il mio paese nativo, Polizzi».
G.A. Borgese, Discorso sulla Sicilia (ai siciliani?), 1931, Fondo Borgese presso Biblioteca Umanistica dell’Università agli Studi di Firenze; ora in G.A. Borgese, Una Sicilia senza Aranci, a cura di Ivan Pupo, Roma, Avagliano editore, 2005, pp. 93-94
Quarta tappa: verso Piazza Trinità
BORGESE GENIUS LOCI
«Fra battaglie di fanciulli prendevo d’assalto, io solo, il colle della Trinità, salendo di corsa sotto la sassaiola, sicuro che nessuno mi potesse colpire…».
G.A. Borgese, Tempesta nel nulla, Milano, La nave di Teseo, 2023 [I ed. Milano, Mondadori, 1931], a cura di Gandolfo Librizzi – Prefazione Salvatore Ferlita, p. 699
Quinta tappa: il pomeriggio
BORGESE GENIUS LOCI
«Che luce arride alle mie colline natali nei pomeriggi di settembre! Sono oro le ristoppie, oro vecchio le foglie di nocciuole che già cominciano a ingiallire, e gli oliveti immobili hanno nella limpidità dell’azzurro, che li pervade, bagliori glauchi quasi venuti dal mare, un’ombra turchina che or no tremula di là dai monti turchini, quando la luce non è troppo violenta».
G.A. Borgese, Re Cuono, in “Medusa”, n. 6, Firenze, 9 marzo 1902
Sesta tappa: Il tramonto nella più vasta e bella piazza delle alte Madonie
BORGESE GENIUS LOCI
Quando arriva il tramonto una polvere d’oro sfavilla su tutte le cime.
La più bella di tutte è la montagna di Termini, con due cupole azzurre incontro al cielo.
Le nuvole rosse si fermano un poco come carri di dee. Le piccole vele s’intarsiano sul mare come fiori di marmo. Poi scende la sera».
G.A. Borgese, Tempesta nel nulla, Milano, La nave di Teseo, 2023 [I ed. Milano, Mondadori, 1931], a cura di Gandolfo Librizzi – Prefazione Salvatore Ferlita, p. 698
Settima tappa: il crepuscolo
BORGESE GENIUS LOCI
«Oggi, forse non mai provata, nostalgia di Polizzi, specialmente della seconda valle e dei valichi da cui si vedono cose così grandi. i giardini di Santa Venera. il dialetto che sembra, benché di parole latine, di suoni greci».
G.A. Borgese, Diario I, 12 maggio 1929, in Cinque diari americani (1928-1935), a cura di Mariagrazia Macconi, note di Luciano Canfora e saggio di Gandolfo Librizzi, Firenze, Gonnelli, 2020, p. 83