Viva viva San Gannorfu – dei portatori e del popolo alle pause e ai passaggi; e dietro il santo i preti, in camice – tanti, nel comune di cinquemila anime e trenta chiese – con le candele in mano – ma la fiamma quasi non si vede, tanta è la luce del cielo – e le litanie. Ci sono state le messe nelle chiese fatte belle dalle sculture dei Gagini, altri lombardi, o dal celebre trittico fiammingo – di Van Eych secondo mio padre, secondo altri di Memling – e gli scampanii, l’incenso, i mortaretti, i tamburelli, i lunghi desinari, le mani conserte.Nel pomeriggio l’attrattiva maggiore è la fiera nella Piazza Grande. Ci sono pannine stoviglie; l’attraversa un ariete o torello inghirlandato; soprattutto ci sono le bancarelle con un po’ di balocchi, e i torroni, i mandorlati, i duri di menta, la liquirizia, perfino gelati. Ma la nostra casa è lontana; è sull’ultimo sprone del colle».
G.A. Borgese, Nature morte, Melone e gelato, Corriere della Sera, Mercoledì 19 marzo 1952, ora in Gandolfo Librizzi, Il viaggio di un cosmopolita. Il percorso umano e culturale di Borgese attraverso le lettere ai familiari, Palermo University Press, 2022, p. 164.